lunedì 24 gennaio 2022

Mandorleti su terreni paludosi, una sfida che diventa realtà

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Alcune tipologie di terreni potrebbero risultare inospitali per molte specie di piante, in particolar modo per quelle arboree. Spesso, però, adottando alcune tecniche agronomiche, è possibile ottenere risultati straordinari anche in condizioni di suolo molto difficili, come ad esempio ricchi di componente argillosa tendenzialmente asfittici, situati in zone paludose. E' il caso di Ismaele Capanna, il quale, insieme a suo fratello Nicola, ha deciso di mettere a dimora un mandorleto su un terreno ereditato dalla nonna, da sempre coltivato a foraggio o grano. Ci troviamo a Castellana Marina, in provincia di Taranto, a pochi chilometri dal mare Ionio.

        Mandorleto Capanna- dicembre 2021

"Eravamo stanchi di vedere su questo suolo colture a bassissimo reddito, nonostante fossimo consapevoli dei significativi e duraturi ristagni idrici. Dopo esserci adeguatamente informati da esperti in materia, nel gennaio del 2020 abbiamo messo a dimora le prime 2.400 piante di mandorlo della varietà "Lauranne" (6,5 ettari), su portainnesto GF677. Grazie alla tecnica della baulatura sulle file, di un'altezza pari a 40 cm e una larghezza di circa 1,5 m, siamo riusciti a realizzare il nostro mandorleto, ora gestito con il metodo innovativo Zaragoza. L'impianto di irrigazione è stato istallato al centro della baula, in modo che le radici si sviluppino completamente su di essa. Le piante hanno una straordinaria vigoria e quest'anno è previsto il nostro primo raccolto".


   Nella foto in alto: Ismaele Capanna. In basso: Nicola Capanna.                             

"Trattasi di un terreno con una tessitura argilloso/limosa, che tende a compattarsi se eccessivamente lavorato e a fessurarsi nel periodo estivo. Un terreno, tra l'altro, ubicato in una zona poco arieggiata. Evitiamo lavorazioni inutili e rispettiamo il cotico erboso spontaneo, il quale ci consente di rispettare la struttura e, al contempo, la biodiversità. La presenza di una flora spontanea variegata permette agli insetti pronubi di svolgere il loro lavoro". 

Nel caso dell’azienda Capanna, prima della messa in posa delle piante, è stata fatta la gessatura, ovvero una somministrazione di solfato e calcio del gesso che migliora la porosità del terreno e l’assorbimento degli elementi nutritivi e dell’acqua, rendendo cosi il terreno fertile. Tale operazione, in realtà, può essere anche ripetuta ogni 12-18 mesi. Il richiamo va localizzato lungo la fila, in modo da rigenerare i primi cm di profondità del terreno, dove appunto viene ospitato la maggior parte dell’apparato radicale.

          Mandorleto Capanna- maggio 2021

Inoltre, per favorire lo sgrondo delle acque, periodicamente viene utilizzato l’aratro talpa, al fine di fendere al centro tra le file delle baule e realizzare uno squarcio di 70-90 cm di profondità e consentire di potenziare l’effetto di coltivazione rialzato.

            Mandorleto Capanna- maggio 2020

"Siamo molto soddisfatti della scelta colturale e del riscatto dato a questo suolo - concludono i fratelli Capanna. Un terreno mai sfruttato al pieno delle sue potenzialità, poiché etichettato come non buono per coltivazioni "serie". Un immerso ringraziamento dobbiamo anche all'agronomo Vito Vitelli, che ci ha seguito e aiutato in tutte le fasi di preparazione e gestione dell'impianto".



venerdì 14 gennaio 2022

Lavorazioni dei terreni: spesso sono inutili o addirittura fatali

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Si sa, le lavorazioni del terreno sono interventi fondamentali sia per la preparazione del letto di coltivazione sia per la gestione del suolo. Frequenti interventi di movimentazione sul suolo, però, potrebbero comportare alcune criticità, come ad esempio il danneggiamento dell'apparato radicale, la riduzione per ossidazione della sostanza organica, considerata la base della fertilità, e fenomeni di erosione e smottamenti.

Dobbiamo sfatare il mito che le frequenti lavorazioni del terreno possano far del bene alle coltivazioni arboree. In realtà, non è sempre così. Infatti, i maggiori interventi meccanici, oltre a essere cattivi investimenti in termini di tempo e denaro, causano effetti pericolosi.Evidenti fenomeni erosivi, con solchi di una significativa profondità sul terreno lavorato. Nella          stessa foto (a destra) è anche visibile un terreno n con flora spontanea che ha favorito la        struttura del terreno, evitando così smottamenti.

Nei primi 15-20 cm il suolo è vivo. Esiste un microcosmo di biodiversità e di attività a beneficio delle piante coltivate, grazie alle azioni, spesso combinate, della "fauna" (lombrichi, insetti e piccoli animali) e dei microrganismi (funghi e batteri), i quali popolano lo strato superficiale e delle stesse radici della flora spontanea. Ma, complice la disinformazione, spesso gli agricoltori decidono di eseguire frequenti o inutili interventi di coltivazione che causano così danni all'apparato radicale, sia alle radici esplorative sia alla rete dei capillari, quest'ultimi molto sensibili a qualsiasi movimento del terreno. Con le frequenti lavorazioni, si rischia che l'apparato radicale vada più in profondità, in zone del terreno meno ospitali poiché con poca presenza di ossigeno. Inoltre, con le ferite che provocate dai mezzi di lavorazione, si favorisce l'ingresso di organismi nocivi. 


               Lavorazione errata in un agrumeto

Un accanimento delle lavorazioni, dunque, danneggia l'apparato radicale e potrebbe creare una forte ossigenazione che brucia rapidamente la sostanza organica presente, con conseguente liberazione nell'aria di CO2. Il terreno, a lungo andare, diventa sempre più povero e con una limitata di fertilità. Inoltre, un suolo eccessivamente lavorato è più soggetto a fenomeni erosivi, perché meno strutturato. Infatti, al registrarsi delle intense precipitazioni, sempre più frequenti e violente a causa dei cambiamenti climatici, sui terreni scoscesi o non pianeggianti potrebbero verificarsi solchi, smottamenti, con conseguenti problemi alle viabilità sottostanti.

         Radici danneggiate

Tale criticità può trovare soluzione con la messa a dimora di fruttifere, lasciando il cotico erboso spontaneo e gestito con la trinciatura. Lo sviluppo della flora spontanea nei frutteti, oltre ad assicurare una buona quota di biodiversità, rallenta il flusso e la potenza dell'acqua che per gravità scorre verso il basso e facilita l'assorbimento delle precipitazioni piovose, migliorando l'incremento delle riserve idriche.

    Agrumeto con cotico erboso

Pertanto, dopo aver realizzato un impianto arboreo, bisogna rinunciare a qualsiasi tipo di lavorazione. La gestione delle erbe infestanti va fatta solo ed esclusivamente con la trincia (tra la fila o lunga le file). Per quanto riguarda gli interventi di preparazione del terreno, le principali rimangono il dissodamento, baulatura, frangizolatura, fresatura, etc.