domenica 13 luglio 2025

ORGANIC HIGH-DENSITY OLIVE ORCHARD: BALANCE, TRADITION AND INNOVATION

This video, recorded in July 2025, presents a real case of organic high-density olive cultivation, launched in the summer of 2022. The orchard, with wide row spacing (4–4.5 m), was designed to ensure maximum light exposure on both canopy walls, promoting balanced vegetative and productive development without invasive pruning or indiscriminate cuts using mechanical blades.

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The selected cultivar is Koroneiki, a Greek variety well adapted to Italian conditions, appreciated for its moderate vigor, high yield, and excellent oil quality. This choice is part of a broader vision to enhance traditional Italian olive varieties (Leccino, Frantoio, Nocellara del Belice, Lecciana, Cima di Melfi, Biancolilla, Favolosa, Leccio del Corno, Coratina, Semidana, Bosana, Canino, etc.) within modern, low-labor, sustainable systems that respect the identity of each growing region.

The training system is based on a single central axis (monoaxial), supported by a stake and without topping. Lateral branches, initially upright, naturally bend under the weight of fruit, triggering a process of self-balancing and renewal.

No pruning is performed in the first years: light, structure, and physiology guide canopy development. Any interventions, starting from the third or fourth year, must be manual, targeted, and selective, respecting the plant’s natural form.

Supplementary irrigation is managed through dual drip lines, which can also be buried to facilitate mechanical mowing along the row. Weeds are managed exclusively through mechanical means, and the presence of cover crops and organic residues reflects a deliberate agronomic strategy, not neglect.

This model allows for a productive cycle of at least 20 years. At the end of the cycle, the orchard can be renewed by selecting the strongest basal sucker and re-establishing a new axis through regenerative pruning, in contrast with mechanical pruning, which often accelerates aging of the orchard structure.

This experience demonstrates that, even under organic management and with traditional Italian varieties, it is possible to achieve balance, productivity, and longevity in high-density olive orchards—as long as they are guided by thoughtful planning, solid agronomic knowledge, and deep respect for the plant’s physiology.


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OLIVETO BIOLOGICO AD ALTA DENSITÀ: EQUILIBRIO, TRADIZIONE E INNOVAZIONE

Il video, realizzato nel luglio 2025, documenta un’esperienza concreta di olivicoltura biologica ad alta densità, avviata nell’estate 2022. L’impianto, con interfila ampia (4–4,5 m  x 1,25-1,30 sulla fila), è stato progettato per garantire massima luminosità alle pareti produttive, favorendo l’equilibrio vegeto-produttivo senza interventi invasivi né tagli indiscriminati con lama potatrice.

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La varietà adottata è Koroneiki, cultivar greca acclimatata in Italia, apprezzata per la vigoria contenuta, l’elevata resa e l’ottima qualità dell’olio. Una scelta strategica che si inserisce in una visione più ampia: valorizzare anche le varietà italiane tradizionali (Leccino, Leccio del Corno, Frantoio, Nocellara del Belice, Lecciana, Cima di Melfi, Biancolilla, Favolosa, Coratina, Semidana, Bosana, Canino, ecc.) all’interno di sistemi moderni, sostenibili, a bassa richiesta di manodopera e coerenti con l’identità territoriale.


L’allevamento (densità di impianto intorno a 1600-1800 piante/ha) è impostato su asse centrale (monoasse), sostenuto da tutore, senza topping. I rami laterali, inizialmente assurgenti, si arcuano sotto il peso della fruttificazione, attivando un processo naturale di autoequilibrio e rinnovamento.

Non si eseguono potature nei primi anni: luce, struttura e fisiologia guidano lo sviluppo. Eventuali interventi, a partire dal terzo/quarto anno, devono essere esclusivamente manuali, mirati e selettivi, nel rispetto della morfologia naturale della pianta.


L’irrigazione di soccorso è gestita con doppia ala gocciolante, eventualmente interrabile per agevolare il passaggio della trincia. Le infestanti sono controllate esclusivamente in modo meccanico, e la presenza di inerbimenti e residui organici non è segno di trascuratezza, bensì di una precisa scelta agronomica.


Il sistema consente un ciclo produttivo di almeno 20 anni. Al termine, è possibile rinnovare l’intero impianto tramite una potatura di riforma alla base, selezionando il pollone più robusto per reimpostare un nuovo asse. Si tratta di un approccio rigenerativo, che si contrappone alle potature meccaniche, responsabili di un rapido invecchiamento della struttura produttiva.

Questa esperienza dimostra che, anche in biologico e con varietà italiane, è possibile ottenere equilibrio, produttività e longevità in oliveti ad alta densità, purché guidati da una visione progettuale consapevole, da competenza agronomica e da un profondo rispetto per la fisiologia della pianta.

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lunedì 23 giugno 2025

MANDORLO SISTEMA ZARAGOZA: SI COMINCIA CON IL “PALMO DELLA MANO”

MANDORLO SISTEMA ZARAGOZA: SI COMINCIA CON IL “PALMO DELLA MANO”

Nel sistema di gestione della chioma del mandorlo secondo il metodo Zaragoza, uno dei primi interventi fondamentali nella potatura di produzione è il “Palmo della Mano”. Un’operazione mirata, essenziale per impostare correttamente la struttura della pianta e favorire uno sviluppo equilibrato e produttivo. Il principio è semplice: si libera il centro della pianta, alleggerendo la chioma per migliorare la circolazione dell’aria e della luce. Si mantengono solo le branche principali, ben orientate verso l’esterno - le “dita” del palmo - che rappresentano la base della chioma futura il "ZaragoZa". Il taglio è leggero e selettivo: si eliminano solo le "frattaglie" ossia i rametti interni di scarso valore. La potatura non forza la pianta, ma la accompagna, rispettandone la naturale architettura cespugliosa. In questa fase iniziale è importante anche ripulire la pianta dai vecchi laccetti in plastica che la tenevano legata ai tutori, e chiudere i fori dei pali di sostegno, per garantire un ambiente sano e ordinato, prevenendo futuri problemi fitosanitari. Completato l’intervento, il mandorlo è pronto per affrontare la stagione: più arioso, più sano, più ricettivo ai trattamenti estivi.


Si ringrazia l’azienda “Santamaria”


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domenica 22 giugno 2025

DAL VIGNETO AL PERETO: UNA RICONVERSIONE INTELLIGENTE E SOSTENIBILE


Sempre più spesso, gli agricoltori si trovano davanti alla necessità di riconvertire impianti frutticoli giunti al termine del loro ciclo produttivo, in particolare i vigneti. L’impossibilità di reimpianto sulla stessa superficie, a causa della cosiddetta 'stanchezza del suolo' dovuta ad accumuli di essudati radicali fitotossici e organismi patogeni specifici, spinge alla ricerca di nuovi terreni — con costi elevati e impatti significativi.

Una soluzione innovativa e sostenibile

In questo contesto, l’agronomo Vito Vitelli propone una soluzione moderna, sostenibile e a basso impatto: riutilizzare integralmente le strutture del vecchio vigneto per impiantare colture alternative come kaki o pero, evitando demolizioni, smaltimenti e costi superflui.

“Il pero, in particolare, si presta perfettamente al riadattamento,” spiega Vitelli, “e permette di sfruttare ogni filare disponibile, valorizzando l’investimento strutturale esistente.”

Preparazione del terreno per l'impianto del pereto.

Giovani piante di pero alla ripresa vegetative dopo la messa a dimora con shelter.

Panoramica del pereto in fase di crescita con impianto strutturato.

Tecnica di inarcamento del fusto per il contenimento vegetativo.


Pareti fruttifere ben illuminate lungo l’arco vegetativo.

Vista d'insieme del pereto ad alta densità, completamente pedonale.

Struttura del filare con pali e fili riutilizzati dal vigneto.


Il pereto pedonale ad alta densità

Nel caso specifico del pero, le file ereditate dal vigneto (2,8 m) vengono mantenute, ma si intensifica la densità di impianto lungo la fila, con piante distanziate a 60–80 cm, allevate con la tecnica del monoasse. Le piante, alte non oltre i 2 metri, vengono contenute attraverso l’inarcamento della cima, creando pareti produttive illuminate e facilmente gestibili da terra.

“L’inarcamento è una tecnica potente,” spiega Vitelli, “perché riduce la dominanza apicale e stimola la fruttificazione lungo l’arco e l’asse, generando due pareti fruttifere illuminate e compatte.”

Recupero delle strutture esistenti

Uno dei vantaggi principali di questo approccio è la riduzione dei costi grazie al recupero completo dell’infrastruttura esistente: i pali vengono lasciati in campo, i fili vengono riposizionati verticalmente, e si aggiungono semplici tutori in canna per le giovani piante. Anche l’impianto irriguo viene riutilizzato integralmente.


L’esperienza concreta di Mirian Modica

Nel gennaio 2024, Mirian Modica, giovane agricoltore siciliano, ha adottato questo sistema per sostituire un vigneto poco produttivo con un pereto superintensivo della varietà Coscia. Ha impiantato 2200 piante/ha su sesto 2,8 m x 60 cm, riutilizzando completamente le strutture preesistenti.

“Tutto è stato recuperato — pali, fili, testate, irrigazione. Tra poco più di due anni, raccoglieremo i primi frutti,” racconta Modica.

Una via replicabile per la frutticoltura moderna

Questo progetto dimostra come sia possibile riqualificare impianti esistenti con tecniche moderne e sostenibili, dando nuova vita ai vigneti dismessi e offrendo agli agricoltori una soluzione rapida, economica ed ecologica per la riconversione.

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