IL MODELLO “ZARAGOZA”
LE NUOVE TENDENZE DELLA GESTIONE
DEI MANDORLETI
Come dicevano i latini “in medio virtus stat”, la virtù sta
nel mezzo.
Tutto dipende dagli obiettivi che si
intendono perseguire.
Le tendenze della moderna frutticoltura sono orientate ad incrementare le rese unitarie, diminuire i tempi di
entrata in produzione, migliorare la qualità del prodotto, sostenere
l’ambiente, spingere al massimo il livello di meccanizzazione e abbattere i
costi di produzione.
I mandorleti tradizionali sono economicamente improponibili.
I mandorleti tradizionali, non irrigui con densità inferiori a 350 piante/ha e rese modeste, intorno a 1,0-2,0 ton/ha, sono economicamente improponibili.
Negli ultimi anni, in California e Australia
prima e di recente anche in Spagna, è stata avviata una pressante ricerca di modelli di mandorlicoltura efficienti e competitivi, al passo con le attuali
esigenze della frutticoltura innovativa e del mercato.
Gli impianti superintensivi, con oltre 2.500 piante/ha, realizzati in
molte aree mandorlicole europee, sono sistemi altamente efficienti in termini
di produttività e di gestione dell’impianto.
A distanza di 7-8 anni dalla loro introduzione, tuttavia, non mancano
alcune valutazioni, riguardo la longevità economica e il rapporto tra i costi
di investimento e i benefici produttivi.
Negli impianti superintensivi dopo una prima fase, di elevatissima
efficienza, (i primi 6-7 anni), sono stati evidenziati alcuni segnali di cedimento in termini di
produttività, per effetto degli squilibri strutturali attribuibili agli interventi
cesori indiscriminati eseguiti sulla chioma.
I periodici tagli a “siepone”, topping e hedging, totalmente
affidati ad una barra potatrice, e non a una mano "consapevole" e ben
“addestrata”, favorirebbero, negli anni, lo sviluppo di strutture legnose, all’interno
della chioma, a discapito delle formazioni fruttifere.
I dardi (in foto) e i brindilli sono le principali
formazioni fruttifere del mandorlo
formazioni fruttifere del mandorlo
Strutture legnose all’interno della chioma, prive di formazioni fruttifere, sono evidenti in piante con un precario equilibrio vegeto-produttivo
Il ridotto numero di formazioni fruttifere, e quindi dei frutti, naturali regolatori di crescita della chioma, e la presenza predominante di
strutture legnose, (rami a legno), indurrebbe la pianta ad un maggiore rigoglio vegetativo e quindi alla necessità di ulteriori passaggi con la lama potatrice.
raccolta meccanizzata nel sistema superintensivo del mandorlo
Nel sistema di coltivazione del mandorlo superintensivo, in mancanza di una attenta e puntuale gestione tecnica, dove il fattore idrico e
nutrizionale hanno una grande rilevanza, esiste il rischio di un circolo vizioso che indurrebbe squilibri vegetativi e inevitabili cali di produzione.
NO AL SUPERINTENSIVO
con tagli indiscriminati
I periodici
tagli a “siepone”, topping e hedging, totalmente affidati ad una barra potatrice, e non a una mano ben “addestrata”, favorirebbero,
negli anni, lo sviluppo strutture legnose, all’interno della chioma, a
discapito delle formazioni fruttifere.
SI
All’abbattimento dei costi di investimento, meno
di mille piante per ettaro, e dei costi di potatura. Una pianta adulta può
essere potata manualmente da terra, da personale opportunamente formato, in
meno di 5 minuti.
Alla precoce entrata in produzione. A partire
dal terzo/quarto anno si ricava dall’impianto
già la metà della resa unitaria potenziale, 7-10 kg/pianta di frutto in guscio.
Al raggiungimento della piena produzione, intorno a 15-18
kg/pianta di mandorle in guscio, a partire dal sesto-settimo anno.
Alla costante produttività dell'impianto per almeno venticinque anni.
Alla costante produttività dell'impianto per almeno venticinque anni.
Alla raccolta meccanizzata, introducendo
anche macchine semoventi a ciclo continuo.
Raccolta delle mandorle con braccio scuotitore e reti adagiate al suolo
Quelli
sopra elencati sono solo alcuni degli obiettivi preposti dal sistema di
gestione “Zaragoza”, divulgato dall'agronomo
spagnolo Jordi Mor Gaya, libero profesionista, esperto di frutticoltura
innovativa.
Jordi Mor Gaya, agronomo spagnolo esperto di mandorlicoltura innovativa, promotore del metodo "Zaragoza"
Jordi, partendo da una esperienza di
coltivazione maturata in una azienda mandorlicola dell’aragonese, a Nord-Est
della Spagna vicino Saragozza, ha promosso e sostenuto il modello "Zaragoza" prima nella
vicina Catalogna e poi nel Sud della Spagna (Andalusia).
Giovane mandorleto, in Aragona nel Nord-Est della Spagna, coltivato con il metodo "Zaragoza" proposto dall'esperto di frutticoltura innovativa Jordi Mor.
Secondo Jordi, un modello ideale di frutteto, e in particolare di mandorleto, deve essere di rapida attuazione e di semplice gestione.
Per avere ottime risposte produttive,
costanti nel tempo, occorre rispettare alcuni principi di base di fisiologia vegetale, ma soprattutto entrare in “sintonia” con la pianta.
Si parte da un buon programma di nutrizione e
gestione idrica.
video sulla gestione della chioma di piante di mandorlo nel primo anno dal trapianto. Potatura di formazione. L'esperienza in una azienda a Castellaneta (Taranto)
La pianta nel corso dei primi due cicli di
vegetazione, 24 mesi successivi al trapianto, e durante le fasi fenologiche di forte spinta
vegetativa, supportate da portinnesti vigorosi (preferibilmente GF 677 o GarNem-GXN15),
riceve una serie di topping, tagli indiscriminati alla chioma perfettamente in
orizzontale, al fine di favorire un elevata formazione di ramificazioni,
assurgenti e di vigore gradualmente decrescente per effetto della forte
competizione.
Questa operazione di "topping" potrebbe essere eseguita manualmente o ricorrendo ad una
barra potatrice bilama.
visualizza video sul "topping" meccanizzato
Gli interventi di topping, 3-4 durante il
primo anno (da maggio-ottobre) e 2-3 nel corso della seconda stagione
vegetativa, (da giugno-settembre), saranno eseguiti ad altezze, via via crescenti,
da 25 cm fino a 60 cm, a partire dall’ultimo taglio.
La struttura cespuglioso/cilindrica della
chioma sarà realizzata su un tronco di 80-90 cm di altezza, predisposto per la
raccolta meccanizzata con braccio scuotitore.
Alla fine del secondo ciclo di vegetazione la
pianta presenterà una serie di ramificazioni, molte delle quali dotate di
formazioni fruttifere, (dardi e brindilli), con gemme a fiore differenziate.
Gli interventi cesori della fine dell’estate
del secondo anno, da eseguire tra settembre e ottobre prima delle caduta delle
foglie, saranno limitati ad un alleggerimento della chioma, puntando al
raccorciamento dei rami inclinati che creano intrecci con quelli già orientati verticalmente.
Attraverso questi interventi di potatura, eseguiti ogni anno all’inizio dell’autunno e prima della caduta delle foglie,
saranno create aperture, verticali e trasversali alla chioma.
Attraverso l'apertura di questi canali verrà favorita la penetrazione della luce e l’arieggiamento all'interno della parte aerea della pianta.
Attraverso l'apertura di questi canali verrà favorita la penetrazione della luce e l’arieggiamento all'interno della parte aerea della pianta.
Il frutto abbondante, che la pianta produce
già a partire dal secondo anno, terza foglia, sarà un potente e naturale
regolatore di crescita, che contribuirà a mantenere equilibrato il portamento
della pianta.
Attraverso gli interventi di potatura di
produzione, sarà possibile raggiungere
condizioni di perfetto equilibrio tra attività produttiva e rinnovo del
legno.
video sugli interventi di potatura di produzione
Questo metodo consente di avere piante di altezza intorno a 3,5-4,0 metri, ricche di frutto a partire dalla base, disposte in
un sesto 5,50 m tra le file e 2,50 m sulla fila, corrispondente a una densità di impianto pari
a circa 700 piante per ettaro.
Lo stesso metodo può essere adottato anche
per predisporre il mandorleto alla
raccolta con la macchina ad ombrello scuotitore.
In tal caso la densità di impianto scenderà
intorno a 450 piante per ettaro, poiché sarà adottata un distanza tra le
piante, sulla fila, intorno a 4,50-4,80 m.
Si potrà compensare l’incremento di distanza
delle piante sulla fila ponendo le file a distanze alterne di 5,50 m e 4,50 m.