Da alcune settimane,
l'argomento siccità è ritornato sulle prime pagine di tutti i quotidiani
nazionali. Una problematica che si presume tenderà a peggiorare nei prossimi
mesi, con l'arrivo della stagione calda. Le istituzioni si stanno adoperando
per trovare soluzioni rapide ed efficaci: c'è chi parla di depuratori e
dissalatori da utilizzare nel settore agricolo, potenzialmente finanziabili con
fondi nazionali ed europei, stimati intorno 8 miliardi, secondo il ministro
della Protezione Civile e del Mare, Nello Musumeci.
A tal riguardo, l'agronomo Vito Vitelli commenta: "Tutti si stanno adattando alla crisi idrica del 21esimo secolo, compresi gli agricoltori, sempre più orientati verso l'introduzione di tecniche agronomiche che prevedono l’ottimizzazione delle risorse idriche con sistemi di irrigazione a micro-portata, localizzati e con sensoristica di supporto per la gestione dei volumi e dei turni di adacquamento, adeguati alle esigenze della coltura.
Occorrono però misure nazionali che sostengano investimenti in tale direzione e prevedano un maggior snellimento delle pratiche burocratiche.
sistema di deflusso e
recupero di acqua in eccesso in agrumeto allevato su letti di coltivazione
rialzati.
Le acque reflue possono essere riutilizzate in agricoltura, comprese quelle degli scarichi urbani. "I complessi agro-industriali - riprende Vitelli - utilizzano enormi quantità acqua, risorsa che non viene però recuperata attraverso un processo di trattamento, depurazione e decantazione con apparecchiature che, ad oggi, sono sempre più efficienti e a basso impatto ambientale.
Le acque raccolte dai
sistemi di drenaggio dei campi coltivati su suoli con falde freatiche alte,
anche se di qualità mediocre, se adeguatamente trattate, possono essere
impiegate per la fertirrigazione su colture arboree, in un sistema a ciclo
chiuso".
evidenti segni di
erosione del terreno dopo una violenta precipitazione
La crisi idrica non è
provocata da una riduzione delle piogge rispetto al passato, quanto piuttosto
dal fatto che piove male e in modo irregolare. A venire meno è quella classica
distribuzione annuale di acque piovane, che ha lasciato il posto a
precipitazioni abbondanti e violente, le quali creano danni e non consentono di
costituire le riserve disponibili nel sottosuolo, complice anche un sistema di
canalizzazione e recupero inefficiente e un'elevata dispersione. Infatti, in
Italia ritorna a mare quasi il 90% delle acque piovane.
Con un maggior efficientamento della rete di canali di scolo, ripulitura dei bacini esistenti, mediante dragaggio, e costruzione di nuovi invasi si potrebbe recuperare oltre il 40% delle precipitazioni e soddisfare quasi totalmente il fabbisogno idrico nazionale.
Sui dissalatori, l'agronomo invece ci riferisce: "sono anch'essi funzionali e potrebbero diventare una soluzione nel medio-lungo periodo, ma occorre fare una certosina analisi del rapporto costi/benefici, specie se non si possiedono sistemi energetici rinnovabili. Durante uno studio di fattibilità di un nuovo frutteto, bisogna analizzare il suolo e le acque, in quanto non tutte le sorgenti idriche sono utilizzabili. Spesso infatti ci troviamo con dei suoli eccezionali ma con delle acque non idonee per l'irrigazione, perché ad esempio ricche di sali a base di cloruro di sodio che causerebbero danni alla coltivazione. In questo caso, al fine di mettere a coltura quel determinato terreno, un impianto di dissalazione ci verrebbe in aiuto, perché abbatterebbe la concentrazione dei minerali tossici. Andremo poi a utilizzare dei portainnesti o delle specie che si adattino meglio a livelli di salinità elevati".
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