Nuove forme di allevamento ad alta densità anche per il nocciolo e il noce iniziano a diffondersi in Spagna, un Paese da sempre ritenuto un punto di riferimento in Europa nell'implementare i progressi e le nuove tendenze nel campo frutticolo, agrumicolo e olivicolo.
Nocciolo
alta densità (sesto d'impianto 4,0x1,80 m)
Nello specifico, il nuovo modo di fare corilicoltura e
nocicoltura, promosso dall'esperto agronomo spagnolo Jordi Mor, già promotore
del modello di gestione "Zaragoza" per il mandorlo, consiste
nell'introdurre il monoasse a parete per il noce e il monocaule a vaso
cespugliato invece per il nocciolo.
"Un noccioleto trapiantato nel marzo del 2021 su letto di coltivazione rialzato ha già raggiunto risultati notevoli in termini di accrescimento e di produttività.
Dopo la messa a dimora dell'impianto, la pianta è stata impalcata a monocaule all'altezza di 80 cm.
Dalle ramificazioni laterali è stato ottenuto un vasetto cespugliato. Anche la graduale emissione dei polloni è stata gestita nel migliore dei modi, per consentire alla chioma di svilupparsi senza concorrenti".
Impianto di noce ad alta densità 5,0 x 1,25 m (foto sopra) e media densità 7,0 x 3,0 m (foto sotto)
La densità di impianto è intorno a 1300-1500 piante/ettaro con un sesto d'impianto di 4,0 x 1,80 m per il nocciolo e 5,0 x 1,25 m per il noce. "A meno di tre anni dal trapianto, già si notano le fruttificazioni - continua il tecnico - I costi di investimento iniziali sono alti, per l'elevato numero di piante, ma i tempi di recupero sono rapidissimi e l'efficienza produttiva, in termini di quantità e qualità della produzione, è considerevole.
La figura dell'agronomo
rimane però fondamentale non solo per ragioni tecniche, ma anche perché è
opportuno che si prepari l'agricoltore a questo nuovo sistema di coltivazione,
il quale implica comunque una presenza, nel caso del noce, di strutture in
campo, come pali tutori e fili di ferro, necessari per sostenere la pianta nei
primi anni di accrescimento.
C'è un grande interesse da parte delle nuove generazioni di investitori europei nel trovare forme di allevamento che siano anche super meccanizzabili, per far fronte alla carenza di manodopera. "Gli interventi manuali sono ridotti al minimo. Più piante ci sono, maggiore è la superficie di esposizione fogliare, maggiore è la produttiva.
Negli areali produttivi italiani di frutta in guscio, tutt'oggi si adottano ancora tecniche di coltivazione obsolete, ferme da oltre cinquanta anni. Legarsi eccessivamente a degli schemi tradizionali, senza avere una visione, potrebbe significare diventarne vittima", conclude l'agronomo Vitelli.
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