Ci troviamo in un oliveto
superintensivo a parete cespugliata, nel cuore della provincia di Foggia.
Qualche anno fa, l’impianto si presentava disordinato, mal impostato, con
piante poco funzionali e squilibrate. Abbiamo deciso allora di intervenire con
una potatura di riforma, e oggi, dopo tre stagioni vegetative, possiamo
dire che il cambiamento è evidente: le piante sono in equilibrio, ben
strutturate, produttive e facilmente gestibili.
Il lavoro è partito dalla
selezione di un tronco di base alto 60–70 cm, su cui si sono sviluppate
nuove ramificazioni, guidate grazie a interventi mirati di “ediging” e “topping”.
L’obiettivo era chiaro: contenere lo scheletro rigido della pianta entro 50–60
cm di larghezza, lasciando invece che le ramificazioni esterne, flessibili,
potessero adattarsi senza problemi al passaggio della scavallatrice.
Oggi la gestione è
minima: solo qualche cimatura “calmierante” e pochissimi interventi
manuali. Eventuali rotture durante la raccolta non rappresentano un limite, ma
un’opportunità per interventi di tagli mirati.
A tutto questo si
affianca una gestione razionale del suolo, senza lavorazioni, con cotico
erboso attivo e un sistema irriguo efficiente, basato su doppia ala
gocciolante. Ne deriva un apparato radicale stabile, sano e longevo,
che apre anche alla possibilità, in futuro, di rinnovare completamente la parte
aerea semplicemente selezionando i polloni emessi dal ceppo. Senza reimpianto,
senza perdere il patrimonio radicale esistente.
In sintesi, questo
oliveto dimostra che anche nel superintensivo, se si lavora con attenzione e
visione agronomica, è possibile ottenere un sistema produttivo, rigenerabile
e sostenibile, dove l’equilibrio tra chioma, radice e suolo diventa il vero
punto di forza.
Attività divulgativa svolta in collaborazione con: